SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
ANNO A – 08 MARZO 2020
PRIMA LETTURA – DAL LIBRO DELLA GENESI (Gen 12,1-4a)
In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore..Parola di Dio.
Il testo ci riporta la scioccante parola di Jahvè (Il Signore) ad Abramo con cui gli ordina: 1) uscire e lasciare la terra e la casa del padre, quindi l’abbandono di ogni sicurezza; 2) dirigersi verso un’altra terra, quella che Jahvè gli indicherà; 3) l’obbedienza comporterà la realizzazione della promessa: la benedizione.
SALMO RESPONSORIALE – Dal Sal 32 (33) Rit: Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo
– Retta è la parola del Signore / e fedele ogni sua opera. / Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Rit. –Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, / su chi spera nel suo amore, / per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. Rit. – L’anima nostra attende il Signore: / egli è nostro aiuto e nostro scudo. / Su di noi sia il tuo amore, Signore, / come da te noi speriamo. Rit.
Il salmo, letto in questo modo ed estrapolato dal suo contesto, diventa una generica espressione di lode alla fedeltà di Dio. Questo salmo, invece, nasce dal bisogno di alzare un canto al Signore e l’invito del salmista – che rispetta l’ambito liturgico della risposta di lode – invita a cantare un canto nuovo e farlo con arte, vale a dire di non ridurlo a ciò che l’hanno ridotto. un insieme usuale di parole, ripetitive e un po’ stantie. Avendolo estrapolato a casaccio alcuni versetti dal testo, il salmo perde di intensità e di passione e non fa emergere la straordinarietà di una preghiera solenne da esprimersi in forma corale e appassionata, tale da rendere visibile la gioia piena ed entusiasta di un popolo che ha goduto dell’intervento di Dio e che ora pubblicamente e liturgicamente proclama la fedeltà del Signore alle promesse.
Quanto sarebbe stato bello proclamare il salmo interamente o, perlomeno, non ridurlo alla forma, insulsa e sbiadita, così come ci è presentato quest’oggi. Questa mia posizione è volutamente polemica, poiché il rispetto di un testo non può prescindere dal contesto: è una norma elementare di ermeneutica. Per accontentare coloro che sono stati presi dalla curiosità, fornisco un link dove il salmo 32 (33) è trattato in modo adeguato e, soprattutto, con un commento preciso:
http://www.perfettaletizia.it/bibbia/salmi/Salmo32.htm
DALLA PRIMA LETTERA DI S. PAOLO A TIMOTEO (2 Tim 1,8b-10)
Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo Parola di Dio.
Poche parole, ma che meraviglia! Parole rivolte come ad figlio: soffri per il Vangelo, ma per fare ciò necessita la forza di Dio. Questo invito rivolto da Paolo ad uno dei suoi discepoli prediletti, cioè Timoteo, il cui corpo è nella nostra vicina città di Termoli (CB), è la vocazione a cui Dio chiama e che ora si rende esplicita e presente in virtù della manifestazione del proposito che è stato attuato in Cristo Gesù. Egli, avendo vinto l’ostacolo, cioè la morte, si presenta reale e possibile mediante il Vangelo. E che dire più? E’ una formula teologica, è una dottrina!
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (Mt 17,1-9)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti»..Parola del Signore.
Il brano evangelico della Trasfigurazione necessita di qualche esplicitazione esegetica: Mentre i tre sinottici (Marco, Matteo e Luca) collocano questo brano a supporto della prova che precederà e l’evento pasquale, cioè la passione e la morte di croce di cui Gesù ha fatto cenno solo dopo il riconoscimento di Pietro, e la presenza di Mosè e di Elia a conferma testimoniale dell’autenticità della filiazione divina di Gesù.
Una lettura più aderente agli elementi posti in scena ci aiuta a leggere meglio l’evento-segno della Trasfigurazione avvenuta sul monte Tabor. Matteo scrive per gli ebrei e questi sanno che le scritture sono composte da tre gruppi: la Legge (Torah), profeti (nebhi’im) e gli scritti (Kethubhim).
La trasfigurazione mette in scena Mosè come rappresentante della Legge (Torah), Elia, il profeta per antonomasia, come testimonianza dei nebhi’im e Gesù come la Parola definitiva di Jahvè, che include gli scritti (Kethubhim), ma li supera, divenendo egli stesso il nuovo scritto di Dio, l’Evangelo, la Buona Notizia che va ascoltata (Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!).
La trasfigurazione è la consacrazione definitiva ( molti esegeti, infatti, lo considerano un evento post-pasquale che, solo per ragioni redazionali, è stato collocato prima della Risurrezione) ed è questo il motivo che sorregge la proibizione di parlare dell’evento se non dopo la Risurrezione.
Ma – per completare il quadro – anche il riferimento alle tre capanne che si soleva fare in occasione della festa di Sukkoth, la quale durava per lo più otto giorni, di cui sette fuori per ricordare il tempo del deserto (ecco perché le capanne) e l’ottavo, giorno finale in patria, per ricordare il dono della Terra Promessa donata da Dio ad Israele e, perciò, caratterizzato da gioia e letizia grande, canti e balli, regali, etc.
Per una comprensione più adeguata di questa festa, fornisco il link della UCEI (comunità ebraiche), che dà spiegazioni molto utili in proposito..
http://ucei.it/festivita-ebraiche/sukkoth/
Si tenga presenta che, proprio nell’ultimo giorno, che si celebrava a Gerusalemme nel Tempio, veniva proclamata la terza parte della Torah: gli Scritti (Kethubhim). Dunque, la Trasfigurazione ci consegna la vera ricchezza: Gesù, il Vangelo di Dio, che va ascoltato poiché è l’unica Parola in cui Dio si compiace.
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